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Il Clubfitting applicato al putt e le sue variabili

Titolo:  Il Clubfitting applicato al putt e le sue variabili

Autore:Piero Maina

Conteggio Parole: 3946

Fra tutti i bastoni che portiamo nella sacca e che per regolamento sappiamo possono essere al massimo quattordici, ce n’è uno che spesso durante le nostre sessioni di pratica non utilizziamo con la stessa assiduità degli altri e per quanto riguarda la messa a  punto, non sempre perdiamo il tempo necessario a personalizzarlo o non gli diamo la dovuta importanza. Eppure quel bastone è sicuramente il più importante, in quanto viene utilizzato per oltre il 40% del gioco durante il giro sulle nostre 18 buche. Quel bastone si chiama putt e oggi cerchiamo di scoprire insieme quali sono le variabili che contano e cosa e come si dovrebbe cercare di ottimizzare questo bastone al fine di ottenere le migliori performances di gioco.

Spesso quando si parla di putt sento dire che non serve averlo perfetto come specifiche e/o  che sia “fittato”, quello che conta maggiormente per imbucare è avere sensibilità e talento (e lavorarci molto, aggiungo io). Vediamo spesso giocatori (qui parlo maggiormente dei dilettanti) con putt che appoggiano sul tacco o troppo lunghi, con grip piccoli, oppure troppo leggeri o pesanti eppure questi giocatori imbucano più spesso di quanto uno potrebbe pensare guardando le specifiche del loro strumento di lavoro. E’ però vero, fatte salve alcune eccezioni, che con il putt ottimizzato, una volta che questi giocatori si saranno abituati alle nuove caratteristiche putterebbero ancora meglio. D’altronde ho detto che il discorso era riferito maggiormente ai dilettanti, perchè se avremo l’occasione di guardare il putt dei professionisti durante i loro giri sul tour soprattutto quando vengono inquadrati dalle telecamere, noteremo che il 99% ha putt che appoggiano perfettamente al centro della suola e le loro posizioni all’address sono sempre con gli occhi sopra la palla, non oltre, nè prima (più accettabile che oltre), con posture abbastanza rilassate. Solo il grip e naturalmente le specifiche di lie e di loft si differenziano, oltre alla lunghezza e finchè le regole lo permetteranno, (gennaio 2016) l’uso di belly putter o di  broom handle (“Puttoni”). Questi ultimi avendo un punto d’appoggio con il corpo che maggiormente coincide con l’ombellico, o lo sterno, o il mento, forniscono al giocatore un ancoraggio che va contro lo “spirit of the game” e pertanto c’è un vantaggio verso coloro che utilizzano il putter tradizionale.

Guardiamo le specifiche una ad una:

Lunghezza del Putt: Il putt tradizionale fino a qualche anno fa era presente nei negozi quasi ed esclusivamente di lunghezza pari a 35″ e raramente se ne trovavano di più corti nativi, a meno che non si facessero ordini speciali. Quindi già in partenza anche per giocatori mediamente alti si partiva con una misura sbagliata e nel caso si fosse provveduto ad accorciare lo shaft, questa manovra avrebbe migliorato una caratteristica, ma ne avrebbe peggiorata un’altra. Infatti, accorciando lo shaft avremmo percepito di meno il peso della testa e la situazione sarebbe ulteriormente peggiorata se oltre ad aver accorciato lo shaft avessimo installato anche un grip nettamente più pesante. Sto parlando dei classici modelli blade tipo lo Scotty Cameron Newport II o il padre di tutti i modelli che hanno forma simile che è il Ping Anser. Nativamente per una lunghezza di 35″, le teste venivano e vengono ancora prodotte con un peso medio di 330gr, ma oggi troviamo teste anche più pesanti o abbiamo la possibilità di inserire dei dischi di peso maggiore sotto la suola per fare un “bel lavoro” oltre che dal punto di vista tecnico, che sia anche piacevole dal punto di vista estetico, ma si poteva e si possono ancora oggi aggiungere le classiche strisce di piombo al di sotto della suola o altri pesi di altre forme soprattutto se parliamo di putt dalla forma “mallett” e che dispongono di cavità dove poter inserire il suddetto peso. Ricordate comunque che più saremo in basso ed equamente al centro con il peso aggiuntivo e meglio sarà. Ci sono come tutte le cose delle eccezioni, ma vanno sempre eseguite a ragion veduta.  Normalmente a parità di specifiche per ogni pollice di riduzione della lunghezza su un putt dovremmo appesantire la testa di 10 gr.. Questo dato viene riscontrato anche nelle produzioni commerciali di Scotty Cameron per i putt più corti e prendendo sempre il modello Newport II  ad esempio la testa del 34″  pesa 340 gr. e quella del 33″ pesa 350gr.. Nessuno ci vieta naturalmente di incrementare questi pesi iniziali, ma oltre il peso della testa (sempre rimanendo in tema di peso), dovremo guardare anche il peso dello shaft e del grip e trovare il giusto equilibrio. Quindi ho parlato di lunghezza, ma mi sono riferito anche al peso della testa, pur essendo una specifica delle 5 prese in esame e di cui me ne occuperò più avanti. Possiamo dire che la lunghezza ha la “responsabilità” del 50% sul controllo e sulla distanza e altrettanto sulla direzione che prenderà la palla dopo l’impatto. Riveste sicuramente grande importanza per il set-up del golfista al momento della presa di posizione sulla palla e perchè questo processo avvenga nel migliore dei modi, sarà necessario che la lunghezza sia quella adatta a quel dato golfista affinchè si possa trovare nella posizione più comoda che gli permetta di avere le braccia rilassate e posizionate al di sotto di lui e con gli occhi perpendicolari alla palla. Magari, come ho già scritto sopra, questa linea immaginaria occhi/palla potrà essere un poco più interna alla linea del putt, ma mai oltre. Ebbene tutte queste caratteristiche verranno raggiunte solamente quando la lunghezza del putt sarà quella ottimale.   Pubblico qui sotto una tabella generalizzata per indicare la lunghezza del putt in funzione del sesso e dell’altezza del giocatore. Ripeto che non è un “MUST”, ma solo una base di partenza su cui operare:

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Peso della testa e Swingweight/M.O.I.: Il peso della testa come ho già avuto modo di dire in questo articolo, non era importante molti anni fa, solo perchè non gli si dava la giusta importanza. Come ho scritto nella sezione dedicata alla lunghezza, i putt convenzionali erano per gli uomi di 35″ e per le donne di 34″, con teste del peso medio di 330 gr.. Esistevano solo queste due lunghezze e anche le forme non erano così varie a quei tempi. Anche quando alcune case produtttrici provavano ad offrire lunghezze diverse il peso delle teste era sempre lo stesso, con la differenza che la sensibilità riguardo la testa del bastone si sarebbe persa. Lo swingweight sul putt è come del resto lo swingweight per gli altri bastoni, un discorso di “feeling”, ma che ha una valenza enorme sulle prestazioni a livello di consistenza nei colpi. Se il putt è troppo leggero, rischieremo di non averne il controllo e di diventare troppo attivi con le mani/polsi. Uno swingweight/M.O.I./massa totale  più leggero/a, sarà più utile in caso di putt dalla lunga distanza o green veloci, ma potrebbe essere un problema sui putt corti e soprattutto per chi soffre di yips. (I tremolii nervosi che non permettono al giocatore di effettuare colpi con il giusto ritmo e progressione) Rimanendo nello specifico di questa sezione riguardante il peso della testa e lo swingweight, cercheremo di trovare il giusto “compromesso” per quel dato giocatore, tenendo sempre a mente la regola generale che se proprio dobbiamo errare sarà meglio sbilanciarci verso la parte più “pesante”; ho appena parlato di “compromesso”, in questo sport e ancora di più quando parliamo di “green”, un bastone “pesante” sarà meglio di uno “leggero”. Come al solito il discorso è generalizzato e quindi chiedo a chi legge di applicare il buon senso. Bisogna vedere di che giocatore stiamo parlando, della sua abilità di gioco, su che green gioca, da che distanza effettuerà quei putt, gli angoli del bastone, la dimensione e il peso del grip, la lunghezza del bastone e la flessibilità dello shaft, si anche sul putt. Diciamo per rimanere in tema che una testa più leggera per uno swingweight più leggero sarà preferibile da giocatori che hanno un bun ritmo e su putt dalla media e lunga distanza. Viceversa una testa pesante, magari associata a forme “mallett”, aiuterà certi giocatori per i putt corti e a ridurre l’iperattività delle mani e polsi. Ricordiamo anche che il peso maggiore si può estendere anche al di sotto del grip (Counter balancing/Balance Certified) o addirittura come ha fatto “heavy putter” su tutto il bastone con shaft pesanti e peso lungo tutta la lunghezza e peso della testa superiore ai 500gr. pur utilizzati su lunghezze convenzionali. Naturalmente per i belly putter e “puttoni” (leggi pattoni) il peso della testa sarà necessariamente maggiore, nonostante lo swingweight aumenti già di suo a causa della lunghezza totale, così come è vero il contrario per i putt corti.

Forma della testa: La forma della testa riveste importanza in due ambiti; il piacere visivo da parte del giocatore che dovrà sempre accettarla ed essere convinto della testa con cui gioca, ma c’è anche l’aspetto tecnico che risiede nel fatto di fornire al golfista una forma/distribuzione del peso che non lo penalizzi. Se il giocatore in questione non mostrerà una certa dose di bravura nel colpire con consistenza il centro di gravità, (sweet spot) del putt, rischierà di non ricevere giovamento da parte di una testa dal design accattivante, ma con un basso M.O.I. (Moment of Inertia/ Momento d’Inerzia). Cosa c’entra qui di nuovo il M.O.I.? Nei bastoni da golf, siano essi ferri,ibridi,drive,wedge o putter c’entra sempre. Come ho scritto in altri articoli, la scienza principale che governa il golf è la fisica e quindi annullando tutti gli altri aspetti anch’essi importanti e riassumendo il tutto, otterrò il meglio quando colpirò con esattezza quel piccolo punto grande come una capocchia di spillo che è il centro di gravità. Centro di gravità che anche e soprattutto sul putt, non sarà necessariamente posizionato dove le case costruttrici/designer spesso disegnano la linea da utilizzare per l’allineamento che di solito è posta nel centro geometrico della testa. Il centro di gravità come dice la parola stessa è il punto di equilibrio fra i tre assi X, Y  e Z e per trovarlo necessiteremo di uno strumento di misura apposito. Quindi la maggior parte dei giocatori che non colpirà consistentemente il centro farebbe bene ad adottare forme e pesi che abbiano un MOI più elevato, proprio perchè quando il centro di gravità non viene colpito, un MOI maggiore garantirà una maggiore resistenza all’avvitamento sul proprio centro di gravità da parte della testa del bastone e quindi facendo mantenere la linea di gioco alla palla in maniera più fedele, mantenendo anche la velocità di rotolo della palla più alta. Questo in parole povere si traduce in una traiettoria più fedele anche quando il centro viene mancato e quello che in pubblicità si definisce “lo sweet spot più ampio”. Quindi cercate forme più “mallet” se volete un momento d’inerzia maggiore oppure se siete più fan dei modelli a lama/blade, cercate quelli che hanno pesi discrezionali riportati più verso le estremità, sia punta che tacco e anche con shaft non inseriti al centro.(Center shafted) In questo ultimo caso va detto che un “center shaft” montato su una testa mallet con tutte le altre specifiche corrette per quel dato giocatore, sarà senz’altro meglio rispetto ad un putt blade, montato con shaft ritardato nel tacco in termini di “fedeltà” della linea mantenuta dalla palla.

Lie: L’angolo di lie è la caratteristica che è responsabile al 95% per la direzione che prenderà la palla. Naturalmente quanto sopra espresso, s’intende sempre per un colpo effettuato colpendo la palla al centro e con la faccia perpendicolare/square alla buca. Se l’angolo di lie non sarà corretto, a meno che non compenserò con allineamenti del corpo falsati o interverrò con le mani, nel caso di una testa che appoggia sul tacco in posizione di “address” e per un giocatore destrorso (upright), significherà andare a sinistra della buca nella totalità dei casi. E’ vero il contrario quando appoggerà sulla punta (flat), ma se ci fate caso la maggior parte dei giocatori dilettanti ha putt che appoggiano sul tacco quando si “addressano/posizionano” sulla palla. Questo a causa sia di angoli sbagliati che per la loro postura e conformazione, oltre che modo di puttare, ma molto spesso la prima responsabilità è posta nella lunghezza sbagliata e subito dopo bisogna ottimizzare/integrare la correlazione fra la giusta lunghezza con il giusto angolo di lie.

Loft: Non dimentichiamoci l’angolo di loft. Si anche il putt ha il suo angolo di loft. Considerate che anche se non lo vedete nelle normali condizioni di gioco e naturalmente conta anche la condizione del tappeto erboso di quel dato green, la palla anche per il suo stesso peso si trova “seduta” nell’ erba e sarà compito del loft, alzarla da quella posizione per poi “lanciarla” nel rotolamento puro e possibilmente con un effetto di “top spin” piuttosto che di “backspin”. Non spiegherò in questa sede le tecniche di impatto con la palla e del loft dinamico che determinerà il tipo di spin che verrà impartito alla palla a seconda dei casi, ma come al solito a grandi linee ed in maniera generalizzata vi dirò che il loft all’impatto dovrà essere di 4°. A differenza dell’angolo di lie, il loft è responsabile per l’80% del controllo sulla distanza e di un rimanente 20% sulla direzione. Due parole in più sui 4° di loft voglio spenderle però. Molto dipende dalla posizione delle mani all’impatto e anche dal movimento delle spalle durante l’esecuzione del colpo. Diciamo che la maggior parte dei putt che mi è capitato di vedere/misurare ha almeno sulla carta un loft nominale di 3° o 4°. Oggi queste specifiche sono abbastanza rispettate, in passato soprattutto molti Scotty Cameron avevano loft anche di 6° o più, praticamente un drive. Va detto però come dicevo qui sopra, che per un giocatore che è abituato a fare il movimento del “forward press” (portare le mani avanti soprattutto quando da il via allo swing), se questa caratteristica verrà mantenuta anche all’impatto, assisteremo ad una diminuzione del loft e quindi avere sul proprio putt, in presenza di questa modalità di puttare, un loft iniziale anche di 6° o più non sarà errato perchè otterrò i miei 4° all’impatto. Lo stesso dicasi per chi invece tende a “lanciare” la mano destra all’impatto (sempre per un giocatore destrorso) oppure che rimane troppo “dietro” alla palla, i questo caso il loft all’impatto aumenterà e quindi avere un loft iniziale più basso lo aiuterà. A titolo informativo, i migliori giocatori con il putt sui Tour professionistici hanno dimostrato che ottengono la miglior condizione di rotolo della palla con un loft iniziale di 1°, ma colpendo la palla risalendo (upswing) con un angolo di 3° otterranno sempre i fatidici 4° all’impatto.

Shaft: Ebbene si, anche lo shaft gioca un ruolo importante nel putt. Anche se di norma, sia come regola generale che per quello che ci viene venduto sul mercato, lo shaft che troveremo installato sarà molto rigido e pesante. Ma sappiate che oggi ci sono shaft dai profili differenziati e anche sui putt troveremo modelli in grafite (anche extra pesanti) o carbonio/grafite/acciaio. Andiamo a vedere da vicino oltre al solito marketing se c’è qualcosa in più da sapere su questo mondo. Come regola generale è meglio avere uno shaft rigido, perchè anche se la velocità con cui si muove il putt è di solito estremamente ridotta, vogliamo evitare ulteriori movimenti della testa dovuti ad uno shaft troppo flessibile nel “tip” (punta dello shaft vicino alla testa). Tanto più vero quando il nostro putt non sarà mosso con il giusto tempo/ritmo e mancheremo lo “sweet spot”. Quindi gli shaft che di solito troveremo installati saranno ok. Per il discorso della grafite, premesso quanto detto sopra e il mio consiglio di non scegliere shaft troppo flessibili, diventa più che altro un discorso di “feeling” (sensazioni), come è già per quanto riguarda il discorso sui ferri/legni. Lo shaft rimanda ai nostri centri nervosi piacevoli o sgradevoli sensazioni che ci faranno capire come abbiamo toccato la palla. L’acciaio smorzerà meno le vibrazioni, ma avrà un “feedback” più fedele, la grafite invece restituirà un rumore più sordo, ma diventa poi soggettivo una volta installato su quel dato prodotto per i risultati che produrrà; sia di sensazioni che di gioco e di riflesso di putt imbucati. Personalmente fra i vari putt che possiedo, utilizzo il modello carbon/acciaio della UST/Mamiya, che esiste già da diversi anni perchè prodotto in collaborazione con la Balance certified. A differenza dei “plug” appesantiti da inserire nel grip, prodotti da questa casa, la costruzione di questo shaft, oltre a ripartire i pesi differentemente, serve a “filtrare” le vibrazioni provenienti dall’impatto con la palla e quindi sempre in virtù di sensazioni a farci capire com’è avvenuto l’impatto. Ricordiamoci comunque sempre che trattandosi di sensazioni, qui stiamo parlando non della causa, ma della conseguenza e pertanto è solo una variabile all’interno di un oggetto (putt) che dovrà avere anche tutto il resto correttamente predisposto per chi dovrà giocarci.

Grip: Come per gli altri bastoni nella sacca, anche per il putt questo elemento determina l’unico punto di contatto che avremo con il bastone e quindi a partire dal materiale con cui verrà costruito, anche la forma, il diametro e il peso saranno altamente importanti. I materiali sono sempre la gomma, la pelle e i vari inserti di corda o densità di gomma più o meno morbide. Per quanto riguarda la forma, nel putt la sezione non dovrà essere obbligatoriamente circolare come per i ferri/legni, ma anche rettangolare/piatta. Questa caratteristica ci darà modo di posizionare le mani in maniera corretta per effettuare un colpo con la tecnica del pendolo, mantenendo i polsi e mani il più stabile possibile. Purtroppo questa ultima affermazione non si dimostra sempre vera ed infatti molti giocatori testano tecniche differenti di grippaggio del putt, quando non ricorrano addirittura a putt differenti (belly putter o Broom handle)o a grip dalle dimensioni più grosse che spesso sono veramente enormi. Il fatto di avere grip dai diametri/sezioni “iper generosi”, serve a ricercare di inibire maggiormente il movimento (anche involontario) delle mani/polsi, solo che come tutte le  cose, dovremo ricercare anche il giusto punto di equilibrio. Infatti i grip jumbo o anche più grossi ci daranno magari buone sensazioni su putt da distanze non troppo lunghe, ma di converso ci toglieranno sensibilità su quelli più lunghi e quindi il compromesso diventa inevitabile. Considerate poi che i grip Jumbo, tipo il Golf Pride “Crown” o il “Two Thumb” pesano dai 180 ai 250 gr. e questo vuol dire diminuire ulteriormente la sensazione di peso della testa (che non è la stessa cosa dei plug che vengono inseriti alla fine dello shaft che tolgono si peso dalla testa,ma hanno un’altro principio). Oggi comunque sono stati immessi sul mercato grip dalle misure enormi,ma dai pesi ridotti (anche 55 gr. che è il peso di un grip standard e mediamente 80/100 gr.) utilizzando gomme e materiali dalle densità e peso differenti e pertanto si possono fare utili esperimenti. Quando sono presenti questi  grip, anche il modo d’impugnare il bastone dovrebbe cambiare, infatti le tecniche che sono soggettive qui permettono “esplorazioni” maggiori fino al posizionamento delle mani parallele a differenza degli altri metodi che anche in caso di mani rovesciate (mano sinistra sotto la destra per un giocatore destrorso), mantengono sempre le spalle su un piano asimmetrico.

Belly Putter: Per molti è stata la salvezza, ma come sapete entro il 2016 verranno banditi dal gioco. Si tratta di un putt dalla lunghezza maggiore dei putt convenzionali, (38″-43″)  nato per quei giocatori che avendo troppa iperattività nella regione delle mani e polsi hanno trovato maggiore consistenza in questa area del gioco. L’ancoraggio in questo caso avviene ad un’altezza superiore ai 2 cm.- 5 cm.  dall’ombellico. E questo è forse l’aspetto più importante per il giusto allineamento quando si usa questa tipologia di “attrezzo”. Infatti il punto di ancoraggio se non corretto rispetto alle caratteristiche del giocatore, non permetterà un allineamento visivo in linea con la buca. Se il putt è troppo lungo il giocatore avrà gli occhi più interni rispetto alla perpendicolare sulla palla e quindi sarà richiesta una correzione di linea. Di sicuro fra l’essere “oltre” la palla o più interni, è preferibile quest’ultima ipotesi, ma dal mio punto di vista c’è solo un allineamento che  è quello di avere gli occhi direttamente al di sopra della palla così da essere certi riguardo la linea di gioco da seguire. Ovviamente anche l’angolo di lie dovrà essere corretto in funzione della lunghezza del putt e della postura del giocatore, al fine di avere la suola perfettamente appoggiata al terreno, senza che appoggi sulla punta  o sul tacco. Questo come al solito per evitare problemi di direzionalità che sono attribuibili all’angolo di lie. Per un giocatore destrorso, l’appoggiare la suola sul tacco significa avere il putt troppo upright e quindi si avrà la tendenza a “pullare” la palla a sinistra. Vero il contrario quando la suola appoggerà sulla punta. Un ultima parola sul peso della testa che dovrà necessariamente essere più pesante di una testa prodotta per un putt tradizonale (330-360 gr.). Come già detto sopra,  oggi esistono teste più pesanti,(oltre 400 gr.) anche per i putt tradizionali, ma mi è capitato di vedere giocatori che hanno modificato il loro putt tradizionale in un belly putter senza modificare il peso della testa del bastone. Se si rispettano le specifiche di lunghezza, lie e loft, con una testa di un certo peso, la cosa si può tranquillamente fare, ma con teste leggere, se non appesantite, io sconsiglio la cosa. Center shaft o Double bend shaft? il center come dice la parola stessa si inserisce al centro della testa del putt e quindi è più diretto, infatti lo shaft è diritto. Il double (ma esiste anche single) bend è invece lo shaft con due curve che si inserisce nel tacco è serve come offset, permettendo di avere le mani davanti alla palla è un putt che dovrebbe essere più stabile, quand’anche la testa venga prodotta con pesi in punta e in tacco che ne contrastino la rotazione, soprattutto per i colpi presi fuori centro.

Putt Lungo (Broomhandle): Si tratta dell’ultima spiaggia, quando veramente o si sarebbe abbandonato il gioco del golf, o si trovava (e spesso è accaduto,vedi giocatori del calibro di Bernard Langer) una soluzione drastica che permettesse di mandare la palla in buca. Dal 2016  comunque il problema sarà nuovamente presente. Lo scopo anche qui è di avere un pendolo che si “ancori” allo sterno o al mento del giocatore ed eliminando i polsi e un braccio (normalmente il sinistro per un giocatore destrorso, in quanto con quella mano terrà fermo contro il corpo la parte terminale del putt), e permette di effettuare un colpo con una meccanica più consistente una volta appreso il metodo di utilizzo. Anche qui serve una testa molto pesante (al di sopra dei 450-500 gr.) per ottenere il meglio, ma ci sono sul mercato long putter anche con teste più leggere. Potendo utilizzare il mento come punto di appoggio, con il long putter, saremo nella condizione di effettuare il colpo a pendolo, salvo che le regole del golf, non ci permettono di avere un angolo di lie di 90°. Proprio per questo motivo, il long putter per essere conforme dovrà avere un angolo di lie al massimo di 80°. Poi come in altre occasioni, si potranno avere giocatori che necessitino/preferiscano lunghezze e angolazioni differenti e quindi si agirà di conseguenza, ma più saremo vivcini alla verticale e meglio sarà. Mediamente la lunghezza di un long putter si attesterà fra i 46″ e i 53″.

Bene, direi che ho scritto abbastanza e probabilmente molti aspetti non li avrò presi in considerazione, ma spero di aver soddisfatto la curiosità della maggior parte dei lettori. Anche se mi riservo nei prossimi giorni/mesi di aggiungere ulteriori informazioni e tabelle. Per il momento vi lascio a questa lettura.

Buon gioco.

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L’angolo di lie….un imperativo!

Titolo:  L’angolo di lie….un imperativo!

Autore: Piero Maina

Conteggio parole:  1343

Come già detto per l’angolo di loft, ribadisco il concetto altrettanto importante di avere l’angolo di lie corretto soprattutto per il set di ferri. Ma anche il putt non sarà da meno, mentre questa variabile diventa di minore importanza sui legni da terra e ancor minore sul drive, ma non totalmente trascurabile.

Per definizione l’angolo di lie di un bastone da golf è quell’angolo che viene a crearsi fra lo shaft e la testa del bastone quando la suola tocca perfettamente il centro sul suolo dove appoggia.(Vedi qui il disegno per la spiegazione)

Diciamo che per tutti i bastoni nella sacca la correlazione fra lunghezza del bastone e angolo di lie è fondamentale, infatti se utlizzeremo un ferro di lunghezza superiore a quella che dovrebbe essere adatta a noi, con un angolo di lie corretto quel ferro sarà ancora perfettamente utilizzabile (a patto di avere la giusta abilità golfistica e buona coordinazione occhio/mano), al contrario di un ferro dalla lunghezza corretta,ma con un angolo di lie lontano da quello ideale per noi. Io sono solito ribadire che gli angoli soprattutto sui ferri e putt sono un imperativo e ancor più per i ferri alti di loft (dal ferro 8 in su), questo perchè il lie è il principale responsabile della direzione e quindi precisione nel colpo effettuato. Comunque anche per i ferri lunghi, c’è l’influenza a livello di solidità del colpo e quindi vedremo cambiare drasticamete in meglio anche un ferro 3 che per il suo ridotto loft (circa 21°) non sembrerebbe avere importanza per un angolo di lie ottimale, ma quando il lie sarà corretto il beneficio che ne trarremo sarà enorme. Ma in che modo il loft correlato al lie ne influenza la direzione?

Guardando  l’immagine qui a fianco capirete meglio cosa fa in pratica il lie sbagliato.

Chiaramente il disegno non ci spiega tutto e adesso vi chiedo di fare spazio alla vostra immaginazione. Se immaginate un ferro 8 l’esempio è perfetto. Nel caso di di sinistra il lie risulta essere troppo upright perchè il segno lasciato sulla suola del ferro è verso il tacco, di conseguenza la palla volerà verso sinistra proprio per effetto del loft. Nel mezzo dove la suola tocca il suo centro grazie a un angolo di lie corretto, se anche la faccia del ferro sarà orientata perpendicolarmente all’obbiettivo avremo un volo di palla perfetto e nell’ultimo esempio a destra,visto il lie inclinato verso la punta e quindi troppo flat, avremo un volo di palla verso destra sempre per effetto del loft “inclinato”. Un ferro 8 misura mediamente 39° di loft e pertanto se il bastone fosse ulteriormente inclinato a sinistra verso il terreno fino ad arrivare ad appoggiare completamente ad esso, la nostra palla non volerebbe a sinistra di “qualche” grado, ma la faccia del ferro in questione avrebbe una direzione a sinistra di quanti sono i gradi del loft e quindi di 39°. Di converso se i gradi fossero 0 (zero), non ci sarebbe nessuna influenza da parte del loft sull’angolo di lie. Per questo motivo tanto minore sarà il loft e tanto minore sarà l’importanza del lie a livello direzionalità su quel bastone. Forse se inserisco un’altra immagine, questo concetto appena spiegato verrà compreso meglio: In questi esempi viene utilizzato un semplice, ma validissmo strumento per farci comprendere il volo della palla, si tratta di un asticella magnetica che applicata alla faccia del bastone ci permetterà d’immaginare il volo della palla. La prima foto ci mostra un volo di palla con il ferro 8 dall’angolo di lie corretto, la seconda foto ci mostra invece il volo della palla a sinistra determinato da un’alterazione dell’angolo di lie troppo uprigth e quindi sul tacco e l’ultima foto in basso ci mostra l’esempio eccessivo di un bastone che sia appoggiato completamente al terreno con la faccia che mira a sinistra tanti gradi quanto sono i gradi di loft di quel bastone e in questo caso 39° perchè stiamo parlando di un ferro 8 medio. Per una spiegazione più tecnica ed esaustiva cliccate qui: (Clicca per aprire l’immagine) La tavola che avete visto sul link è spinta all’estremo e forse un po’ troppo tecnica, ma questo esempio ci mostra ulteriormente l’importanza di avere l’angolo di lie corretto per chi gioca e tanto più per i bastoni alti di loft che sono quelli che realizzano maggiormente lo score. Infatti anche se effettuerò un colpo perfetto all’asta, se l’angolo di lie non sarà corretto o io compenserò con allineamenti del corpo o del bastone o con apertura o chiusura della faccia il differenziale di precisione o è certo che mancherò l’asta o il green con evidenti conseguenze. Qualcuno potrà contestare il fatto che gli angoli di lie quando vengono misurati in maniera dinamica vengono sempre misurati in condizioni perfettamente in piano mentre nel gioco reale la palla in piano non la si trova quasi mai, ma questo aspetto non deve trarre in inganno. E’ vero che quando troverò la palla più alta o più bassa dei piedi mi allineerò di conseguenza cercando di compensare il dislivello, ma devo sapere che il mio bastone ha gli angoli corretti per me e se effettuerò il colpo in maniera corretta risponderà al meglio.

Ho scritto che il lie viene misurato in maniera dinamica. Infatti staticamente potremmo giungere a conclusioni affrettate. E’ certo che nella posizione iniziale all’address avrò un primo riscontro della correttezza dell’angolo di lie soprattutto se sarò un giocatore dalle caratteristiche morfologiche lontane dagli standard e quindi come già scritto sopra avrò magari bastoni modificati sulla lunghezza, ma che devono poi essere riparametrati nell’angolo di lie. Quello che però non viene mostrato nella posizione statica iniziale è il risultato all’impatto. Pertanto se all’address osservando la punta del mio ferro la vedrò innalzata, non devo pensare che quel ferro sia necessariamente upright per il mio gioco o caratteristiche morfologiche, in quanto nello swing il bastone si muove attorno al corpo in maniera e velocità differenziate a seconda di chi manovra il bastone e anche con shaft dal profilo più o meno rigido. Dal punto di vista della tecnica del golf e della fisica di solito le mani arrivano all’impatto in posizione più alta rispetto alla posizione di partenza annullando quindi l’angolo iniziale e il bastone che si muoverà attorno al corpo, “dovrebbe” per effetto della forza centrifuga e del peso della testa, abbassarsi proprio sulla punta annullando l’angolo iniziale (toe down). Però non sempre questo accade e per tale motivo si controlla il risultato della testa all’impatto mettendo del nastro isolante sotto la suola in  modo che ci mostri i segni lasciati strusciando su una tavoletta adatta allo scopo. La cosa è valida nella maggiorparte dei casi, tranne nel caso di suole dei ferri con raggi troppo arrotondati o cavità dove potremmo ricavare verità falsate. L’esperienza del fitter poi dovrà saper leggere eventuali colpi erratici e quindi raccomando sempre di verificare ogni singolo bastone e cercarne la correlazione all’interno del set testato. Certo se lo swing è “work in progress” si potrà pensare che anche l’angolo di lie potrebbe modificarsi nel tempo, ma sappiate che secondo la mia esperienza questa cosa richiede veramente molto tempo prima di avvenire,se mai avverrà e sono quindi più propenso a pensare che il lie sia come la propria firma.

Un ultima nota va detta appunto sui giocatori asimmetrici i quali si troveranno ad avere i ferri lunghi più upright e i ferri corti più flat e in alcuni casi invece è valido l’opposto. Come al solito non mi fate entrare tropppo nel tecnico, ma vi assicuro che questi casi sono molti di più di quanto possiate pensare.

Chiudiamo con il lie del putt. In questo caso la cosa è ancora più macroscopica e l’avere una testa che appoggi perfettamente al centro è un “must”. Naturalmente a patto di avere la giusta lunghezza con il giusto grip, il giusto peso e il giusto loft.

Mi raccomando fate un check sull’attrezzatura appena potete almeno per gli angoli, potreste scoprire piacevoli o amare sorprese. Buon gioco!

 

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Bounce: Guardiamolo meglio…

Titolo: Bounce: Guardiamolo meglio…

Autore: Piero Maina

Conteggio parole: 1352

Stavo ascoltando su Sky lo scorso week end la telecronaca di Silvio Grappasonni che raccontava fra i vari aneddoti, il fatto che molti giocatori, fra cui anche dilettanti di alto livello, e alcuni professionisti aggiungo io, quando parlano di bounce dei wedges non sanno minimamente di cosa si tratta e qual è la sua funzione. Avevo già deciso di scrivere un articolo per questa caratteristica dei bastoni da golf e ancor di più dopo che mi è stato ricordato durante la trasmissione.

Senza voler fare un articolo troppo tecnico, diciamo che l’ angolo di bounce dei ferri è definito come l’angolo misurato in gradi che viene a crearsi quando la parte posteriore della suola è più bassa rispetto a quella anteriore. Maggiore è questo angolo e maggiore sarà quindi il bounce di quel bastone e per i giocatori che fanno fatica ad uscire dalla sabbia, soprattutto quando quest’ultima sarà abbondante e polverosa, questa caratteristica della suola del bastone sarà di grande aiuto per non rimanere con la palla in bunker.

Va detto che il bounce può non essere presente su tutti i ferri o addirittura essere negativo, ma sarà minore su i ferri lunghi e maggiore via,via che saliremo di numero pur non arrivando alle gradazioni che ritroveremo su i wedges. I gradi di bounce di un PW (Pitching Wedge) e di un GW (Gap Wedge), sono mediamente compresi fra 2° e 5°, quelli del SW (Sand Wedge) fra 8° e 14° e quelli del  LW (Lob Wedge) fra 4° e 8°. Le presenti specifiche si intendono solo a scopo rappresentativo e sono la media dei Wedges venduti maggiormente sul mercato, ciò non toglie che possano essercene anche altri con gradazioni e caratteristiche diverse.

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Per verificare l’angolo di bounce come sopra esposto, basta mettere le suole di un wedge o ferro su un piano come può essere un tavolo e vedrete che quando le appoggerete in posizione di gioco, la prima parte che toccherà la superficie sarà la parte posteriore detta anche “trailing edge” lasciando il “leading edge” ( angolo anteriore che raccorda la faccia alla suola) alzato da terra. Naturalmente su un ferro-3 l’ angolo di bounce sarà veramente minimo o nullo e in certi casi (soprattutto se avremo modificato l’angolo di loft rafforzandolo) addirittura negativo, ma quando arriverete ai fatidici wedges la cosa sarà molto probabilmente più marcata.

Bisogna guardare l’angolo di bounce insieme al tipo di suola del bastone che andremo ad utilizzare, per questo i wedges che troviamo sul mercato hanno caratteristiche a se con suole più o meno larghe e con raggi/curvature che ne determinano usi in situazioni differenti oltre a creare bounce reali differenti rispetto a quanto riportato dalle specifiche. Se giocheremo su terreni fangosi in inverno e rough spugnoso e/o sabbia abbondante il bounce ci aiuterà a districarci meglio da queste situazioni evitandoci di “infilare” troppo il “leading edge” nel terreno/sabbia, ma al contrario quando i colpi verranno eseguiti da terreni duri e/o bunker con poca sabbia o situazioni in cui il bastone farebbe fatica a scavare, va da se che in questi casi una suola più stretta e poco bounce ci farà avere maggior successo e ci eviterà colpi toppati. L’esempio del tavolo che ho fatto sopra per vedere l’angolo di bounce ci fa comprendere cosa succede quando su una superficie liscia e dura si effettua un colpo da golf con un bastone con troppo bounce e magari anche magnificato da una suola più larga e un angolo anteriore più spesso, il bounce rimbalza, facendo venire a contatto con la palla non la faccia del bastone, ma l’angolo anteriore della suola che topperebbe la palla non facendola alzare. Di converso se il terreno sarà morbido e utilizzeremo un wedge dalla suola stretta e poco bounce, sarà probabile che se non “lavoreremo” il colpo e le nostre abilità golfistiche sono mediocri,  il leading edge si conficcherà nel terreno e produrremo una flappa. Il bounce appunto, come dice il suo nome, rimbalza; rimbalzare, questo è lo scopo del bounce. La sua funzione è quella di non fare infilare l’angolo anteriore della faccia nel terreno/sabbia, ma di farlo scivolare al di sotto di essa operando come un ascensore e ci aiuterà a far uscire la palla dal bunker .

Non fate però l’errore di credere che il solo angolo di bounce determini la faciltà di uso del wedge in questione. La correlazione richiede un analisi più attenta che coinvolge più fattori e naturalmente anche l’abilità del giocatore che utilizzerà quel bastone e non ultimo anche la situazione di gioco dove verrà effettuato il colpo. Inoltre il wedge può venire giocato anche con la faccia aperta e sempre a causa del bounce e della larghezza/raggio della suola, il leading edge si alzerà ulteriormente rispetto al terreno causandoci nuove problematiche.

Va detto che quando le capacità del golfista, soprattutto dal bunker sono mediocri, la scelta dovrebbe orientarsi verso wedge con un bounce

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“effettivo” più generoso. Come si fa a capire qual è il bounce “effettivo”? Ralph Maltby, noto clubfitter e  fondatore della GolfWorks ha sviluppato un metodo che dal punto di vista della fisica ci fa capire che il solo angolo di bounce non basta a determinare il suo grado di facilità per uscire dal bunker in certe condizioni di lie/sabbia. E qui entreremmo troppo nel tecnico, ma ho ricostruito una slide qui a fianco che mostra la teoria di Maltby. Per calcolarlo bisogna prima effettuare delle misurazioni con strumenti appositi a partire dal bounce reale, ma anche la larghezza della suola e il suo raggio, l’altezza del “leading edge” dal suolo e del suo raggio. L’area al di sotto della suola che si verrà a creare fra il punto di contatto della suola con il punto di contatto ipotetico del “leading edge”, determinerà la grandezza del bounce “effettivo”. Questo a ricordare che fra due SW di 56° di loft con bounce reale, uno di 14°  e l’altro di 6°, quello con il bounce reale minore se avrà caratteristiche di suola come sopra indicato avrà un bounce “effettivo” molto più ampio di quello con il bounce reale maggiore e in certe condizioni e per certi giocatori sarà molto più facile da giocare.

Ci sono ancora troppe variabili da considerare e ci vorrebbe un libro, fra offset, onset, face progression, grooves, swingweight/MOI e anche come la suola viene preparata tramite il “grinding”, cioè la levigatura che molti giocatori dei Tour maggiori richiedono per le condizioni particolari di gioco che incontrano che può richiedere anche la rimozione del bounce o la modifica sul suo raggio.

E non dimenticate in caso di modifica del loft dei vostri ferri/wedges, di controllare prima quanti gradi di bounce avete a disposizione prima di “chiudere” gli angoli di loft, in quanto il loft è solidale con l’angolo di bounce. Se i loft verificati corrisponderanno a quelli dichiarati dalla casa costruttrice, anche i gradi di bounce saranno quelli dichiarati.  Di solito se agirete rafforzando di 1° / 2° il vostro angolo di loft, non dovreste incontrare problemi, ma soprattutto sui ferri lunghi dove il bounce è di solito minore, rischiate di trovarvi un bounce negativo e per chi ha un angolo di attacco un po’ troppo verticale (steep) e tenderà ad andare “addosso” alla palla, rischierà di vedere infilare la lama del ferro nel terreno più spesso, ovviamente se “indebolirete” il vostro angolo di loft, il bounce aumenterà di tanti gradi quanto cambierete il loft. Viceversa se modificherete solo l’angolo di lie, non modificherete altro al di fuori del lie. Con il loft invece si modifica sia il bounce che l’offset/face progression.

Avevo iniziato dicendo che non volevo fare un articolo troppo tecnico e quindi terminerò qui aggiungendo che nella scelta di un wedge bisognerà sempre tenere conto di chi sarà il giocatore che dovrà giocare con quel wedge e su quali campi. Riassumendo e tenendo presente che quanto scritto nell’articolo è valido a titolo indicativo e generalizzato, consiglio sempre di verificare con un bravo clubfitter le specifiche dei wedges in questione compresi gli angoli di lie e loft che sono un imperativo.

Buon gioco a tutti!

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Clubfitting – Questo Sconosciuto

Titolo: Clubfitting – Questo Sconosciuto

By: Piero Maina

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Clubfitting, non se ne parlava molto alcuni anni or sono, ma oggi, complice anche la maggiore informazione da parte degli addetti ai lavori, questa parola è entrata a gran forza nel vocabolario del golfista comune e le stesse case costruttrici che prima hanno sempre cercato di nascondere “la verità”, consentono di personalizzare i bastoni acquistati. Ma vediamo cosa vuol dire realmente clubfitting e come possono le case dare un servizio personalizzato all’interno di una produzione di massa.

Facciamo prima un po’di chiarezza: Il bastone da golf assemblato è costituito principalmente da tre pezzi più materiale di consumo e cosmetico ed è un oggetto assai semplice. I tre pezzi principali sono la testa del bastone, lo shaft e il grip e il materiale di consumo è costituito dalla resina o colla per tenere insieme lo shaft con la testa e il solvente per poter installare il grip sullo shaft, più la pipetta o ferrule che verrà posta come raccordo tra lo shaft e la testa e ha solamente funzione estetica. Et voilà! Il bastone è pronto. Eppure dietro questo semplice attrezzo c’è un mare di scienza. Principalmente fisica.

Sfatiamo un po’ di miti che purtroppo molto spesso ritrovo scritti su siti di affermati professionisti oltre ad essere pronunciati da maestri di golf o esperti giocatori. Va detto innanzitutto che la “scienza del bastone” non ha nulla a che vedere con l’essere bravi a giocare a golf, è come se i meccanici di una macchina di formula 1 dovessero essere altrettanto bravi a pilotarla prima di poter mettere le mani su di essa o viceversa il pilota Fernando Alonso per pilotare dovesse essere un esperto meccanico. Certo per passione entrambe le categorie potranno intendersene, ma ciò non è richiesto. Il primo mito da sfatare è che lo shaft non è il “pezzo” più importante all’interno del trittico, nè è paragonabile al motore come appunto sento dire molto spesso. A livello d’importanza tutti e tre i componenti sono importanti e ognuno darà il suo contributo per la miglior riuscita di un colpo da golf, ma se proprio vogliamo avere una gerarchia, sarà la testa del bastone ad essere la componente più importante. Come dicevo, lo shaft è accompagnato dal luogo comune che lo definisce il motore del bastone, voglio spiegare che il bastone non genera energia da solo, ma ha bisogno di una forza esterna e in questo caso il golfista che è il motore. Semmai volessimo paragonare lo shaft ad un organo meccanico di una macchina, diremmo piuttosto che lo shaft è la “trasmissione” che deve essere quindi adeguata al motore che supporta.

Un’altro mito da sfatare è nella convinzione che minore sarà il loft del mio drive e maggiore sarà la distanza che farò. Anche questa affermazione è purtroppo vera come legge fisica, ma non vera nel mondo del golf reale per i giocatori medi. Questo perchè entrano in gioco gli angoli di lancio, il backspin, il loft dinamico e la velocità della testa del bastone e molte altre variabili che vi spiegherò in articoli dedicati in quanto in questa sede sarebbe richiesto troppo tempo e l’articolo stesso diventerebbe troppo tecnico. Sappiate comunque che di base per i giocatori con velocità di swing basse, sotto le 80 mph con il drive, (la media per i giocatori dilettanti maschi è di 90 mph e per i professionisti del PGA 112 mph) che spesso sono raggiunte attraverso swing out-in (esterno-interno) o over the top (colpire dall’alto), o addirittura entrambe, la scelta migliore per il drive sarà quella di maggiore loft, anche 16° e anche di un bastone più corto. Magari chi legge si meraviglierà dicendo che in sacca possiede il legno 3 che misura 15°, ma se così fosse lo consiglierei di farsi controllare da un bravo fitter e cercare di ottimizzare la sacca. Il problema risiede nel fatto che per raggiungere la massima distanza di volo della palla, è necessario farla partire sul giusto angolo di lancio e per fare l’esempio di una manichetta dell’acqua, se non avremo abbastanza pressione e la manichetta non sarà orientata abbastanza in alto, l’acqua cadrà sui nostri piedi. La prima cosa che faremo invece sarà quella di dirigerla più verso l’alto per far compiere al getto d’acqua maggiore distanza. Nel golf poi c’è anche l’angolo d’attacco ad avere influenza sull’angolo di lancio e corrisponde all’angolo di come la testa del bastone arriva sulla palla all’impatto e può essere negativo (discendente) o positivo (risalente) . Come ho detto sopra, dedicherò un articolo specifico al concetto, spiegando tutte le variabili che sono dietro alla scelta del giusto loft e anche del giusto shaft per l’ottimizzazione del drive, in poche righe sarebbe troppo complicato e andremmo fuori tema.

I miti sono tanti e un poco alla volta cercherò di spiegarveli tutti, cercando di rimanere in un ambito non troppo tecnico e spiegando il perchè, cosa che non sempre fanno la case costruttrici di bastoni da golf. Naturalmente per loro è importante “sfornare” ogni anno o a anche meno,nuovi modelli. Questo a causa della natura della loro missione e dei loro bilanci che se non sono in attivo, non gli permettono di rimanere sul mercato. Ma quanto è vera la presentazione di nuovi modelli con la reale necessità da parte del mercato di ricevere nuove produzioni? Sono realmente bastoni che facilitano il gioco o solo poca sostanza confezionata in carta dorata?

Sicuramente la tecnologia negli ultimi 30 anni ha fatto passi da gigante e i bastoni di oggi sono più facili (non tutti) e più performanti (non tutti), ma se guardiamo agli score, vi assicuro che mediamente siamo sempre ben sopra i 90 colpi di media su un giro di 18 buche. Quindi nonostante il miglioramento nell’attrezzatura il golf resta un gioco difficile.

Bisogna pensare che le stesse regole del golf nell’appendice II impongono dei parametri che vanno rispettati e pertanto se quei parametri non cambiano, difficilmente le case potranno presentare innovazioni reali rispetto a modelli del recente passato. Quello che le case ultimamente stanno cercando di fare è di rendere personalizzabili, quindi con una sorta di “clubfitting fai da te”, i loro bastoni con chiavette per sostituire lo shaft, inserire dei pesi o anche modificare l’angolo della faccia o ancora il lie e il loft, ma questi processi anche se sicuramente sono i più avanzati ad oggi sul mercato,non saranno mai come un vero bastone su misura creato dopo attente analisi,con il giusto strumento ad hoc per colui/lei che lo dovrà usare.

Ho visto personalmente un drive di un giocatore di torneo assemblato su un tour van che però non rendeva al 100% e il giocatore preferiva quindi giocare un altro bastone più vecchio perchè più preciso e anche più lungo nella media. Certo quello nuovo quando veniva colpito perfettamente dava qualcosa in più, ma nella media non era il bastone da mettere in sacca per un torneo di 72 buche da giocare sotto pressione. Probabilmente qualche clubfitter avrebbe espresso immediatamente parere negativo sullo shaft e sicuramente si possono trovare ottimizzazioni differenti con shaft dal profilo diverso, ma quello che cerco di farvi compredere è che spesso il problema non è solo nello shaft, basta avere il bastone un centimetro più lungo o più corto per ottenere performance molto differenti,oppure 4/6 gr. di peso in più o meno  e anche qui ottenere risultati completamente differenti, o ancora mettere 10 /15gr. di peso in tacco o in punta, o più loft o meno loft, cambiare il lie o il peso del grip, dello shaft, etc. Le variabili sono molte e vi assicuro che anche i risultati lo sono e solo l’esperienza e gli strumenti adatti per effettuare le misurazioni possono farci riuscire nell’intento. Tornando al bastone del nostro professionista, dopo svariate prove cambiando alcuni parametri siamo riusciti a trovare l’ottimizzazione riducendo il peso, distribuendolo in un certo modo e aprendo la faccia del bastone. Il risultato è stato di ottenere un volo di palla penetrante con una media di otto metri in più rispetto all’altro drive con cui giocava abitualmente e rimanendo in “pista” consistentemente. Morale: se abbiamo un bastone, che è stato costruito con i giusti componenti, ma non assemblati secondo quanto richiesto da “quel” giocatore, non avremo mai la torta perfetta.

Un altro “trucco” usato dalle case nei decenni passati e fino ai giorni nostri per invogliare a comperare i loro bastoni è stato quello di “chiudere” sempre di più i loft dei ferri, una vera e propria malattia che negli USA è stata chiamata “loft shrink desease”.  Abitualmente il golfista sceglie il ferro da utilizzare per una data distanza guardando il numerino sulla suola del ferro, pensando inconsapevolmente che tutti i ferri in commercio siano uguali e senza sapere che la distanza è generata da colui che mette in moto il bastone, ma anche da quanti gradi di loft avrà quel ferro e non potrà che emettere un gridolino di piacevole stupore nel notare che la palla andrà più lunga con questo nuovo modello. Peccato che il nuovo ferro in questione sia più “chiuso” di 3/5 gradi e quindi un ferro diverso da quello che giocava prima. Dovete pensare che negli anni 70/80 il PW misurava 50/52° e il SW 56°. Attualmente il SW ha mantenuto il loft di 56° mentre il PW e tutti i ferri al di sotto del PW  sono stati chiusi sempre di più . In un set standard il PW misura 47°, ma oggi si trovano PW anche di 43° e il ferro 3 o il ferro 4 non vengono nemmeno più proposti perchè il giocatore medio non sarebbe in grado di tirarli visto che i loft corrispondenti sono quelli di un ferro 1/2 degli anni 70. C’è una regola in generale nel golf e per il golfista medio che si chiama 38/24 e vuol dire che un ferro tradizionale che sia più lungo di 38″  che corrisponde a un ferro 5 e con un loft che sia 24° o minore che corrisponde a un ferro 4 o meno, risulta molto difficile da usare con consistenza e per questo motivo sono nati gli ibridi. Di converso il Gap Wedge è nato proprio per riempire  il buco venutosi a creare fra il PW e il SW che negli anni non ha subito la riduzione del loft da 56°.

Quindi come potete capire da questo ultimo esempio, spesso i bastoni immessi sul mercato non corrispondono ad una reale necessità, ma piuttosto a regole create dalle case costruttrici in accordo con il  “Golf’s governing body”  per “muovere” il mercato altrimenti stagnante. E’ come dire che una casa farmaceutica provochi la malattia per poi immettere sul mercato il vaccino e il rimedio per curarla!

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